Intervista sull’Ucraina a Liberi di Scrivere

Ecco il testo dell’intervista che cortesemente il blog Liberi di Scrivere mi ha richiesto: non vi sono particolari riferimenti all’attualità, ma proseguo con le mie considerazioni sul significato storico di questo tragico conflitto nella storia dell’Europa del XX e XXI secolo.

Un’intervista con Gaetano Colonna, autore di Ucraina tra Russia e Occidente – Un’identità contesa, a cura di Giulietta Iannone

Dopo la lettura del suo interessante libro Ucraina tra Russia e Occidente – Un’identità contesa (seconda edizione), che mi riprometto di analizzare a breve su queste pagine, vorrei farle alcune domande partendo se vogliamo dalle sue conclusioni: dunque secondo le sue impressioni parte tutto dallo “spirito di Versailles” quel germe che ha minato le basi del nascente spirito comunitario che avrebbe dovuto affratellare i popoli europei e occidentali in un’ottica di pacifica convivenza. Può esplicitarci meglio questo concetto?

Con l’espressione “spirito di Versailles” intendo semplicemente la singolare combinazione ideologica che le potenze anglosassoni vincitrici alla fine della Prima Guerra Mondiale hanno saputo imporre all’Europa: da una parte, l’attribuzione della “colpa della guerra”, e da allora di tutte le guerre, ad un solo attore (la Germania, in quel caso); dall’altra, l’utilizzo della nazionalità come principio in base al quale frammentare i grandi imperi ottocenteschi, creando ovunque mosaici di nazioni i cui confini sono stati astrattamente definiti in maniera da includere e/o escludere minoranze etnico-religiose: in tal modo creano strutture politiche fragili e facilmente controllabili, innescando così anche una serie di conflitti dei quali quello russo-ucraino non è che l’ultima derivazione.

Dai suoi studi e dalle sue ricerche le forze “nazionaliste ucraine” possono avere connotazioni neo naziste o ascrivibili a questa area di pensiero? O fa tutto parte “solo” della propaganda russa?

Che ampi settori del popolo ucraino, soprattutto delle aree occidentali del Paese, abbiano simpatizzato per le truppe tedesche quando esse invasero l’Unione Sovietica nel 1941, non è un mistero per nessuno. L’Ucraina era del resto la nazione dell’Urss che aveva maggiormente subìto prima la guerra civile, seguita alla rivoluzione bolscevica (1918-1920), fra “rossi” sovietici e “bianchi” anticomunisti; poi le deportazioni ed i massacri dei kulaki; nonché la spaventosa carestia tra anni Venti e Trenta. Entrambi questi due ultimi fatti dovuti alla determinazione di Stalin di piegare le repubbliche dell’Urss alla sua visione totalitaria ed alla sua politica di potenza. È altrettanto vero che poi gli Stati Uniti si sono serviti degli anticomunisti ucraini rifugiatisi in Occidente alla fine della Seconda Guerra mondiale per far loro condurre proprio in Ucraina operazioni di guerra coperta contro l’Urss nei primi anni della Guerra Fredda. Nonché, più di recente, per rivolgersi agli stessi ambienti per promuovere in Ucraina l’ostilità anti-russa, dopo la caduta dell’Unione Sovietica. Putin ovviamente, usando i temi della propaganda russa della Seconda Guerra Mondiale, ha buon gioco a chiamare “neo-nazisti” i nazionalisti anti-russi ucraini, esattamente come in Italia si è parlato e si continua a parlare di “neo-fascisti”, pur sapendo tutti benissimo che il fascismo italiano è morto nell’aprile del ’45.

Interessanti le osservazioni e le preoccupazioni del contrammiraglio tedesco Kay-Achim Schonbach, che per quanto vale personalmente condivido (p.134). A prescindere da un discorso di influenze e di convenienze economiche non sarebbe stato più utile a livello internazionale un’alleanza strategica e politica tra Europa e Russia, paesi di forte matrice cristiana, che praticamente costringere la Russia a trovare un’altra sponda nella Cina comunista? Fare tre poli, tre aree di influenza, da un lato Stati Uniti, al centro Europa e Russia e dall’altro India e Cina, non sarebbe stato un riequilibramento geostrategico più utile agli interessi della pace internazionale? Cosa l’ha impedito? La solita hybris statunitense? O c’è di più?

Un di più c’è, a mio avviso. Se si vuole parlare seriamente di identità europea, dovremmo avere l’onestà intellettuale di riconoscere che, se esiste una simile identità, essa può risultare solo dall’integrazione fra popoli neolatini, germanici e slavi, nel corso della tormentata storia del nostro continente: integrazione già da tempo avvenuta sul piano culturale, basti guardare alla letteratura, all’arte, alla musica europea.

Se, dopo la Seconda Guerra Mondiale, invece di una divisione in blocchi, si fosse potuto agire in questa direzione, avremmo avuto delle linee guida, ripeto assai più culturali che politico-militari, per la costruzione di un’Europa effettivamente unita. Essa avrebbe potuto favorire un equilibrio globale, a beneficio della pace, evitando instabilità economico-sociali e conflitti, in aree come America Latina, Africa, per non parlare del Medio Oriente, che sono state e sono invece da decenni terreno di sfruttamento e di scontro fra le superpotenze.

Per questo ritengo che la guerra in Ucraina sia senza dubbio un’immensa tragedia per il futuro dei popoli slavi, ma un’ancor più una grande sventura per il futuro dell’Europa: cosa di cui l’Unione Europea della sig.ra von der Leyen non sembra nemmeno rendersi conto.

In un’intervista lei afferma: “Vi sono uomini e donne ucraini nati in Usa che sono stati direttamente “trasferiti” dagli uffici governativi americani a quelli ucraini “. Secondo lei, questa stretta connessione tra USA e Ucraina è stata richiesta o imposta, da ragioni di convenienza, affinità ideologica e politica o altro?

Come ho già accennato prima, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Ucraini anticomunisti che si erano rifugiati in Occidente seguendo la ritirata delle armate tedesche, sono stati spesso reclutati per operazioni speciali, a dire il vero in gran parte fallimentari, per quello che ne possiamo sapere, contro l’Urss: ad esempio l’operazione Red Sox condotta dalla CIA in Ucraina. L’anticomunismo, ovunque nel mondo (e l’Italia ne sa qualcosa), è stato del resto sempre intensivamente utilizzato dagli Usa semplicemente come utile strumento di guerra non convenzionale mediante il quale condizionare nazioni e classi dirigenti in funzione antisovietica: contro l’Unione Sovietica, ieri, contro la Russia, oggi.

Vede similitudini tra la questione ucraina, e quello che è successo nell’ex Jugoslavia?

La Jugoslavia è un esempio dei terrificanti puzzle di nazionalità che lo “spirito di Versailles” ha disseminato in giro per il mondo: vere e proprie bombe ad orologeria etnico-religioso-sociali. La differenza è che sottrarre alla Serbia il Kosovo non è come schierare la Nato in Ucraina, il nocciolo della preoccupazione della Russia di Putin, una preoccupazione che lo stesso Kissinger ha considerato ampiamente giustificata, soprattutto date le assicurazioni fornite alla Russia, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, che la Nato non si sarebbe mai spinta tanto avanti.

Il mio timore però è che ci siano delle affinità anche con la dimenticata decennale guerra Irak-Iran, un terribile conflitto, durante il quale gli Stati Uniti e l’Occidente favorirono Saddam Hussein per tenere a bada l’Iran divenuto anti-americano, esattamente come ora si vuole fare armando l’Ucraina contro la Russia: forse anche Zelensky, quando rifiuta di aprire trattative di pace con Putin, contando sulla potenza americana, dovrebbe ricordarsi della fine fatta poi fare a Saddam dai suoi ex-sostenitori statunitensi.

La salvezza, l’unità e l’indipendenza ucraina non sarebbero state garantite da un governo federale del paese (con magari regioni a statuto speciale nelle aree russofone e a prevalenza di russi etnici) e da una sua finlandizzazione e neutralità? Cosa l’ha impedito? Secondo lei all’Ucraina questa promessa è stata fatta dagli Usa o dalla Nato per motivarli in questi tragici frangenti?

Il tema è a mio avviso molto ampio e complesso. Contro la “logica di Versailles”, e la potenza finanziaria e militare che l’ha alimentata fino ai giorni nostri, la risposta non è agevole, perché presupporrebbe una capacità di ideazione di nuove forme politiche.

Personalmente, ho trovato di grande attualità il disegno di riorganizzazione politica economica e culturale che Rudolf Steiner fece alle massime autorità dirigenti di Austria e Germania nel 1917, restando del tutto inascoltato. Essa richiede però una diversa concezione dello Stato e del suo rapporto con l’economia e la cultura. Un simile salto di qualità ideale però non è stato putroppo compiuto da nessuno dei politici del XXI secolo.

L’Ucraina avrebbe potuto rappresentare un ponte fra Russia ed Europa: in effetti, una strategia del ponte fu effettivamente tentata, fino alla cosiddetta rivoluzione di piazza Majdan, almeno da alcuni dei dirigenti ucraini. Ma è proprio ciò che gli Stati Uniti d’America non avrebbero mai potuto permettere. Ed infatti non lo hanno permesso perché, come ebbe a dire, nel dicembre 1949, il segretario di Stato Usa, Dean Acheson: «Nell’attuale contesto delle tensioni fra Est e Ovest la neutralità è un’illusione». A distanza di oltre settant’anni la sostanza della visione della classe dirigente statunitense resta la stessa: a maggior ragione ora che la Nato controlla l’Europa fino ai confini della Russia.

Che prospettive ci sono per una pace possibile, tanto auspicata dall’anziano Papa Francesco, e per il riallineamneto di assi strategici ora particolarmente sbilanciati verso Oriente? Si ricucirà mai la frattura tra Russia ed Europa, anche in prospettiva di un dopo Putin? Grazie.

La pace è auspicabile se davvero ci consideriamo Europei. Difficile favorire la pace, però, se ci facciamo influenzare ogni giorno dalla propaganda nordamericana, di cui si fanno strumenti tutti i principali media italiani ed europei, non riconoscendo ad esempio la minaccia che una Nato spinta fino ai suoi confini rappresenta concretamente per la Russia: e dunque la responsabilità in questa guerra di chi ha voluto questa espansione.

Difficile intravedere prospettive di pace quando, come già prima dei due grandi conflitti mondiali, si ripete per anni che i buoni stanno da una parte ed i cattivi dall’altra. L’Occidente atlantico continua a voler far credere al mondo che esso combatte per il pacifico ordine mondiale del futuro. Nonostante la sua politica interventista, il suo considerarsi il gendarme dell’ordine mondiale, abbia solo portato guerra, terrorismo e disgregazione ovunque sia stata applicata: dall’Iraq alla Siria all’Afghanistan.

Fino a quando nuove classi dirigenti in Europa non avranno il coraggio di riconoscere il fallimentare bilancio del lungo secondo dopoguerra, così come è stato gestito dall’Occidente atlantico, difficilmente si potrà ricucire la frattura fra Russia ed Europa. Con conseguenze assai pericolose per la pace nel mondo, qualora si dovesse anche profilare uno scontro epocale fra Cina e Occidente, dal quale l’Europa, con quello che ancora resta della sua civiltà, non potrebbe che essere definitivamente travolta.

Si riapre la Questione Tedesca?

Non sempre si deve scrivere online. Né si deve scrivere per forza. Scriviamo già in troppi, e le persone scorrono i nostri testi, ma non li leggono e non li pensano.

Il 2022 è stato talmente prodigo di spunti importanti da richiedere tempo e impegno per approfondire i temi che sono venuti dalla luce: pace, guerra, questione energetica, emergere dell’Asia, crisi della Chiesa cattolica, dominio della scienza e delle multinazionali che la condizionano – per non parlare di quanto dovremmo ragionare sugli avvenimenti italiani.

Per concludere questo complicato e bellicoso 2022, ho pubblicato in due parti su clarissa.it le mie modeste opinioni sull’importante articolo di Olaf Sholz, l’attuale cancelliere tedesco, comparso sull’ultimo numero di Foreign Affairs, del quale mi sono anche permesso di fornire, scaricabile in .pdf, una traduzione italiana.

Questo semplicemente perché la Questione Tedesca è stata al centro della storia europea del XX secolo. Mai risolta oggi si ripropone, inevitabilmente. E sappiamo che i giudizi su di essa sono sempre stati alimentati dal risentimento dei vincitori e dalla debolezza spirituale del mondo mitteleuropeo dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri (lo dimostra bene il testo di Sholz…).

Personalmente, dopo svariate letture, sono arrivato alla conclusione che l’intepretazione più corretta di quanto avvenuto si trovi nelle molte conferenze che Rudolf Steiner ha dedicato a questo aspetto, da lui collegato con una più ampia visione delle forze traenti della storia universale, quello della sintomatologia storica.

Capisco che al lettore che non ha mai avuto accesso a questi testi, può sembrare poco “scientifico” questo approccio. Ma se la storia non è semplicemente histoire bataille, non può che andare alla ricerca di quanto in profondità motiva, attraverso gli individui, anche i popoli. Non ha semplicemente senso parlare di evoluzione, come veniamo educati a fare, se al contempo non ci poniamo il problema di come proceda l’evoluzione dell’uomo, dei popoli, dell’umanità intera.

Pensate quanto ci porta lontano la Questione Tedesca!

Ovviamente mi sono limitato ad una valutazione molto superficiale, ma forse qualche lettore più accorto avrà modo di trovare i riferimenti anche a queste tematiche più alte.

È anche il mio augurio per il 2023, di non restare mai solo alla superficie, ma anzi affaticarci sempre di più per raggiungere la percezione delle forze basali che sole ci nobilitano in quanto esseri umani.

Passato Presente

A partire dal prossimo mese di ottobre 2022 inizierò un corso di storia contemporanea, dal 1945 ai gionri nostri, per adulti, in presenza, in piccoli gruppi.

Il programma indicativo è il seguente:

Dalla Seconda Guerra Mondiale alla Guerra Fredda (1945-1963)
1.1 Assetto mondiale alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
1.2 Piano Marshall e divisione della Germania.
1.3 Nascita della Nato e Guerra di Corea.
1.4 L’Italia dall’8 settembre al Patto Atlantico.
2.1 Il Medio Oriente dopo il 1917.
2.2 La Nascita dello Stato di Israele
2.3 L’URSS e la fine dello Stalinismo
2.4 Kennedy e Kruscev
Il mondo delle superpotenze (1963-1979)
3.1 Imperi coloniali e decolonizzazione
3.2 La guerra del Vietnam
3.3 La guerra d’Algeria
3.4 La Cina comunista
4.1 Dal nazionalismo arabo alle rivoluzioni islamiche
4.2 Le guerre di Israele
4.3 Il mondo comunista: Urss e Cina
4.4 L’occidente trilaterale
4.5 La strategia della tensione
Il crollo del comunismo e lo One World (1980-2001)
5.1 Crisi dell’Urss e disgregazione del mondo comunista
5.2 L’America di Reagan
5.3 Il nuovo assetto Europeo
5.4 La guerra in Jugoslavia
6.1 I conflitti in Medio Oriente: Iran-Irak, Libano, Afghanistan
6.2 Italia e Mediterraneo
6.3 Le trasformazioni del capitalismo e del lavoro
6.4 Lo One World e la fine della storia
Dalle Torri Gemelle alla guerra in Ucraina (2001-2020)
7.1 L’Occidente e il Medio Oriente: l’11 settembre
7.2 La nuova Nato e la lotta al terrorismo
7.3 Israele e Iran
7.4 Russia, Cina, India
8.1 La crisi finanziaria
8.2 Le rivoluzioni senza rivoluzionari
8.3 Pandemia
8.4 Ucraina e Russia

In totale il percorso comprende 24 ore di formazione, distribuite in 8 lezioni da 3 ora ciascuna. Ovviamente il presupposto è l’interesse per la storia e per la comprensione del mondo in cui viviamo…

Se siete interessati, potete contattarmi alla mia email g.colonna@clar.it.

Nato, Europa, Italia

Ho pubblicato due articoli su clarissa.it, entrambi relativi al vertice Nato di Madrid, dove è stato presentato il new strategic concept dell’Alleanza Atlantica.

Nel primo ho cercato di dare una lettura delle dichiarazioni del segretario generale Stoltenberg dal punto di vista di un’effettiva autonomia dell’Europa, se il processo di unificazione fosse effettivamente orientato in questo senso – quello cioè di un’indipendenza dal gioco delle grandi potenze, dalla lotta in corso fra chi intende mantenere un’egemonia mondiale (i Paesi anglosassoni) e chi ha invece intenzione di mettere in discussione questo modello, probabilmente con l’intenzione, almeno nel caso della Cina, di sedersi prima o poi a propria volta sul gradino più alto del podio mondiale. Qualora invece l’Europa, quale campo di battaglia di due guerre mondiali, fosse stata capace di proporre un proprio modello non competitivo ma collaborativo, non saremmo probabilmente arrivati nemmeno al conflitto in Ucraina.

Il secondo articolo ritorna su una questione di cui mi occupo spesso, non come un vecchio nazionalista, ma come un convinto assertore della missione che mazzinianamente l’Italia ha ancora da svolgere nel mondo, quella per capirsi della proposta di un modello sociale nuovo, che esprima e realizzi l’idea dell’Italia del Popolo: un’impulso che, trasversalmente ai diversi schieramenti politici, ha alimentato la parte migliore, più dinamica e innovativa, della nostra storia, tra Ottocento e Novecento – pur con i suoi limiti di troppa declamazione, a fronte delle poche difficili ma concrete realizzazioni.

La crescente subordinazione dell’Italia ai grandi interessi economico-finanziari, ed alle loro conseguenti declinazioni politico-militari, è un dato di fatto che deve essere insistentemente sollevato davanti all’opinione pubblica, sia pure con i modesti mezzi di chi scrive. Chi ancora ciancia di democrazia e di libertà ma tace su questa nostra condizione come Paese è portatore di menzogna e di inganno nei confronti del nostro popolo.

Spero che questi due contributi possano essere quindi di aiuto alla formazione oramai indispensabile di una coscienza di popolo rinnovata, che abbia chiare le linee di sviluppo della politica globale del nostro tempo, e del ruolo che in questo ambito Italia ed Europa potrebbero e dovrebbero ancora svolgere, quantomeno per evitare i rischi di conflitti che si vanno pericolosamente addensando sul futuro dell’umanità.

Guerra e verità

Sul solito sito clarissa.it, dove pubblico i contenuti più corposi che vado sviluppando, trovate i miei pochi aggiornamenti sulla guerra in Ucraina, che si sta trasformando in una guerra di logoramento, nella quale l’Ucraina di Zelensky funge, purtroppo per il popolo ucraino, da strumento della classica “guerra per procura” di cui è piena la storia dei conflitti alimentati dall’Occidente atlantico.

Allo stesso tempo, è a mio avviso piuttosto evidente che la Russia di Putin è probabilmente caduta in una trappola, forse anche piuttosto sofisticata. È mancata alla Russia la capacità di affrontare il problema ucraino in una logica diversa da quella di potenza, logica nella quale il mondo anglo-sassone domina incontrastato, per la sua maggiore aderenza alle caratteristiche economiche e politiche del nostro tempo.

Lo scorso 16 giugno ho poi avuto occasione di essere ospite di una trasmissione di viavai.it, di cui ho apprezzato per l’approccio, per il sincero interesse verso la verità dei fatti, evitando prese di posizione propagandistiche.

Autorizzato dall’emittente, condivido con voi l’intervista. Buon ascolto.

Guerra e verità

Cerco di continuare a fare il mio lavoro, contribuendo a mettere meglio a fuoco la realtà di questo drammatico conflitto nell’est d’Europa.

Sabato scorso, sono stato invitato a partecipare alla trasmissione Piazza Italia, in onda dalle 20 alle 21 su Canale Italia, insieme ad altri partecipanti più autorevoli di me.

Ovviamente è stata anche un’occasione per far conoscere la nuova edizione di Ucraina tra Russia e Occidente di cui il gentile conduttore aveva avuto notizia.

Se vi interessa, trovate qui il video della trasmissione:

Gli spunti sono stati tanti e mi sembra di poter dire che è stata una trasmissione civile, quanto meno non il solito urlare dei talk show che vanno per la maggiore.

Lascio poi a ognuno di voi valutare la rilevanza dei diversi contributi e l’individuazione dei punti critici e delle contraddizioni che questo conflitto sta evidenziando rispetto soprattutto a come esso viene visto nel cosiddetto Occidente.

Buona visione.

Il Seme dell’Odio

Il 17 marzo scorso ho presentato la nuova edizione di Ucraina tra Russia e Occidente nella bella biblioteca comunale di Senigallia, con la collaborazione della libreria Mondadori della stessa città: tutto bene organizzato, a parte la noia dell’inutile esibizione del solito certificato, che ha ovviamente tagliato fuori qualcuno (per una pandemia di cui nessuno ora parla più… ma questo è per un altro libro).

La presentazione ha dato luogo ad un acceso dibattito con alcune gentili signore ucraine che, comprensibilmente, si sono sentite in dovere di partecipare all’incontro, cosa che mi ha fatto molto piacere, e naturalmente di esprimere critiche alla mia impostazione, che a prima vista è sembrata loro troppo sbilanciata a favore della Russia.

Nel corso della conversazione, che, dopo un primo attimo di tensione, è diventata corretta e perfino cordiale, questo punto è stato ben chiarito: il libro non è filo-russo, così come non può essere filo-ucraino. Quando parli di popoli, non puoi che immedesimarti in tutti quelli di cui parli: altrimenti non potrai mai cogliere qualcosa della loro storia.

Ho spiegato che il problema è ancora una volta soprattutto dell’Occidente: come ho scritto nel libro, il problema dell’identità ucraina è il problema dell’identità europea – che l’Occidente vuole schiacciare sotto la propria, che invece ne è solo una componente.

Se avessimo risolto questo problema di fondo, l’Europa avrebbe avuto sicuramente modo di risolvere anche il rapporto con la Russia e dunque anche con l’Ucraina. Ed oggi probabilmente avrebbe potuto farsi parte mediatrice, prima che si arrivasse alle armi.

Ma non è di questo che voglio parlare adesso: sono cose che trovate nel libro, analisi che riprendo spesso anche su clarissa.it, e vi rimando a questi luoghi.

Credo sia più importante il fatto che, dopo questo pomeriggio, mi è rimasta un’impressione che conosco bene, perché l’abbiamo vissuta in Italia negli anni Settanta e Ottanta, soprattutto – e forse l’abbiamo anche sperimentata di recente, a proposito di chi si vaccina e chi no.

La seminagione dell’odio verso altri esseri umani: non è questione di buonismo, ma questo modo di vedere il mondo, basato su parametri esclusivamente ideologici e tecnico-scientifici, che non tiene conto delle differenze, perché sono impegnative da analizzare; che non accetta pensieri più complessi, perché richiedono fatica e studio – questo modo semplificatorio che non mette mai in discussione i propri poveri dogmi, è il modo di pensare (e di vivere) che genera odio fra gli esseri umani.

Da qualche anno l’Occidente semina odio verso la Russia, come è stato fatto nella Prima guerra mondiale e nella seconda contro la Germania: tutto questo serve certamente per vincere le guerre, lo sappiamo bene. Quanto poi ci allontana dalla verità e dalla pace oggi lo vediamo altrettanto bene, ma non ne vogliamo essere consapevoli. Per questo occorre sottolinearlo, cercando di passare subito oltre.

Non saremo mai con i seminatori di odio.

Ucraina fra Russia e Occidente, nuova edizione

È stato grazie all’impegno dell’Editore Edilibri di Milano, mio storico editore, che abbiamo deciso qualche giorno fa di pubblicare una nuova edizione di Ucraina fra Russia e Occidente, uscito la prima volta nel 2014.

La pressante richiesta di testi sull’Ucraina da parte delle librerie è il segno dell’impatto mediatico che le vicende dell’est Europa stanno avendo sulla pubblica opinione.

Putroppo, l’informazione oggi dominante è totalmente allineata su di una lettura filo-atlantica del conflitto, le cui cause, invece, come avevo spiegato in dettaglio nella prima edizione di Ucraina fra Russia e Occidente, sono assai più profonde, strutturali – e sintomatiche dell’intero odierno assetto dell’Europa, nonché del perdurare di nefaste politiche di potenza nel mondo globalizzato.

Presento il libro il prossimo 17 marzo 2022 alle ore 16:30 presso la Biblioteca Comunale di Senigallia, via Ottorino Manni 1, grazie alla collaborazione della Libreria Mondadori di Senigallia, che ringrazio sentitamente per la disponibilità.

La nuova edizione contiene un capitolo aggiuntivo, col quale ho cercato di tratteggiare in estrema sintesi gli ultimi sviluppi del conflitto: militari, economici, strategici. Essi sono del resto in tutto coerenti, lo dico senza presunzione, con l’analisi che ho sviluppato otto anni fa.

Quel che conta, davanti al sangue versato ed alle sofferenze di un popolo, non è il più o meno vanitoso “avevo ragione”, che, pur vera, sarebbe un’assai penosa affermazione.

Quello che importa nunc et semper è la validità di un metodo di lavoro, che, scevro da pregiudizi ideologici, si limita a mettere pazientemente in fila, andando a individuare quelli più significativi, fatti e documenti, con particolare attenzione alle loro connessioni ed allo smascheramento delle facili verità mediatiche – che verità raramente sono.

Chi scrive ha dovuto imparare questo modo di operare dai tempi lontani della strategia della tensione, quando per decenni si sono raccontate tragiche favolette alla gente: favole che servivano a scopi che solo oggi si cominciano a chiarire, grazie al lavoro di pochi, coraggiosi esseri umani.

Non propongo questo libro come se portasse al lettore tutta la verità: ma sicuramente è un libro di chi cerca la verità, perché ritiene che essa esista e che uomini dotati di buona volontà la possano sempre, anche se faticosamente, raggiungere.

Il giudizio finale su questo libri spetta al lettore di oggi. Quello sulla storia che stiamo vivendo lo affidiamo serenamente al futuro.

Incantatori e Incantati

Se parlate con la gente comune, che sa poco o nulla di storia, che ascolta radio o televisione, avete il polso di quanto la propaganda e la Psyops occidentali stanno facendo presa intorno a noi.

Agitarsi e arrabbiarsi non serve a nulla.

Troppo lungo sarebbe qui spiegare perché è diventato così facile fare presa sulla coscienza ed il senso comune delle persone. Gli addetti ai lavoro occidentali ci lavorano da almeno settant’anni, e ci hanno lavorato bene e a fondo.

Bisogna quindi avere la pazienza di spiegare, documentare, ricostruire. L’ideale è farlo di persona e in piccoli gruppi.

È la responsabilità che abbiamo, come persone che hanno studiato e approfondito, che cercano onestamente di capire, con amore per la verità, senza odio e senza paura.

Ma se poi si deve scrivere e pubblicare, facciamolo.

Lezioncina morale? No. Solo un invito a leggere su clarissa i miei due ultimi pezzi, se già non li avete letti:

Russia contro Ucraina, l’ipocrisia dell’Occidente

Russia contro Ucraina, ipocrisia dell’Occidente 2

Sto anche preparando una nuova edizione di Ucraina fra Russia e Occidente… Vi terrò informati.

Buona lettura. Potete scrivermi cosa ne pensate.

Dal Covid alla Guerra

Da un anno all’altro! I miei pochi affezionati lettori mi avranno certamente seguito su clarissa.it, dove ho pubblicato un po’ di più che qui.

Stiamo ancora navigando nella follia iper-regolamentatrice di una classe dirigente (diciamo così) alla  frutta, stavamo sospirando l’uscita dallo stato di emergenza, contrario a tutte le leggi della Repubblica, ed ecco che un nuovo stato di emergenza viene proclamato per far piacere a Stati Uniti, Nato, Unione Europea: quest’ultima imbelle adunata di burocrati e politici in carriera che si mette a fare il giustiziere della notte…

Non voglio trattenervi troppo.

Su clarissa.it scrivo e scriverò penso ancora qualcosa su quanto sta accadendo. Devo continuare il lavoro fatto nel 2014 proprio sulla questione Ucraina – unico merito avere capito che quella situazione era solo il primo passo di un’abile strategia per portare la Russia rinata con Putin alla guerra, al logoramento di immagine politica, a rischi pericolosi.

Mi leggerete su clarissa.it, ma ogni tanto mi sfogherò anche qui.

Intanto un’anteprima mondiale: uscirà a giorni nelle librerie la seconda edizione, ampliata e attualizzata di Ucraina tra Russia e Occidente, un’identità contesa, per merito del mio affezionato editore, Edilibri di Milano.

Spero avrete modo di leggerlo!