Ho appena pubblicato su clarissa.it un’analisi sul documento dello scorso 25 novembre che un gruppo di studio della Nato ha elaborato per definire le linee strategiche dell’Organizzazione politico-militare atlantica da qui al 2030.
Non riprendo qui quanto ho scritto (anche in merito alle implicazioni per l’Italia), sottolineo solo l’importanza di questo studio perché lì vediamo come si pensa di reagire alle oggettive difficoltà che l’Organizzazione ha incontrato negli ultimi anni nel rapporto con gli alleati europei: in un fase in cui gli Stati Uniti d’America hanno manifestato, con Trump, la possibilità di un riorientamento delle priorità strategiche del Paese dall’Atlantico al Pacifico, a seguito della crescente potenza cinese.
Non dimentichiamo infatti che una lettura della storia dell’imperialismo americano, come quella che Franz Schurmann fece negli anni Settanta (F. Schurmann, The Logic of World Power, 1974), vedeva proprio nella questione Atlantico o Pacifico uno dei maggiori punti di discussione, competizione e contrasto all’interno della classe dirigente statunitense.
Non solo. Alcune questioni, passate quasi inosservate, come il ridispiegamento di forze militari Usa dal territorio tedesco a quello polacco, decise da Trump, evidenziavano le difficoltà della potenza egemone dell’Occidente a relazionarsi con la Germania – un aspetto anche questo mai da trascurare, pure nell’evidente continuità dei legami transatlantici.
Infine, la scelta Brexit, riportando la Gran Bretagna al mai dismesso rapporto privilegiato con gli Usa, avviato dalla Prima Guerra mondiale, pur attraverso alterne vicende, poteva rappresentare una tentazione ulteriore di arroccamento sui pilastri anglo-sassoni del UKUSA (comprendente come si sa anche Canada, Australia e Nuova Zelanda), allentando la presa sull’Europa Occidentale.
Dalla lettura di questo documento, pare invece che la Nato a guida Usa voglia, nell’arena mondiale, spingere l’Europa a subordinarsi ancor di più alla grande alleanza occidentale. In sostanza la Nato sembra voler rilanciare la posta in gioco, proiettandosi in una dimensione mondiale, come perno politico-militare-tecnologico del controllo dell’area euro-afro-mediorientale.
Disegno ambizioso, forse troppo ambizioso, alla luce della crisi economico-finanziaria del mondo occidentale, resa ancora più critica dall’emergenza sanitaria in corso da quasi un anno.
Ho segnalato questo documento perché esso esplicita in modo molto articolato come la Nato intenda ridisegnare il futuro post-Covid. Ma è anche evidente il chiuso conservatorismo di questa visione, per quanto intriso dell’enfasi sulle nuove tecnologie, che pervade la più parte del testo.
La domanda di fondo è quindi, in definitiva, quanto questi strateghi atlantici, di cui si tace il nome, stiano davvero capendo non solo il presente ma soprattutto il futuro.
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